Article 28 novembre 2022

Approvata la prima terapia che ritarda l’insorgenza clinica del diabete di tipo 1

La prima immunoterapia in grado di ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 1 è stata recentemente approvata negli Stati Uniti dall’FDA. Si tratta dell’anticorpo monoclonale anti-CD3 teplizumab, indicato nei pazienti con diabete di tipo 1 in stadio 2. Il trattamento con teplizumab ha portato a risultati significativi nel ritardare l’insorgenza clinica del diabete di tipo 1 (stadio 3), con un netto miglioramento sull’impatto sulla vita dei pazienti che possono guadagnare fino a due anni in più di libertà da malattia

C’è una grossa novità nel mondo del diabete.
In data 17 novembre 2022, a pochi giorni dalla giornata mondiale del diabete (14 novembre) e a 101 anni dalla scoperta dell’insulina, l’FDA (Food and Drugs Administation statunitense) ha approvato il teplizumab, un anticorpo monoclonale, nel trattamento del diabete di tipo 1 (T1D) in soggetti adulti e nei pazienti pediatrici di età pari o superiore a 8 anni che attualmente hanno il diabete di tipo 1 in stadio 2. Per la prima volta viene approvata una disease-modfying therapy nel diabete che è in grado di ritardare la progressione della malattia. Infatti, teplizumab è risultato efficace nel rallentare l’insorgenza dello stadio 3 nel diabete mellito di tipo 1. Secondo JDRF, organizzazione no profit che ha finanziato la ricerca, si tratta di “una pietra miliare per la comunità dei pazienti con diabete di tipo 1”.

Cerchiamo di comprendere come funziona teplizumab e perché viene definito innovativo.

Il diabete di tipo 1 è caratterizzato dalla distruzione delle cellule β presenti nelle isole di Langerhans con conseguente assenza parziale o totale di secrezione insulinica. Tale processo riconosce una genesi autoimmunitaria caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi contro le cellule β del pancreas, provocandone la distruzione, anche se concorrono al danno sia fattori genetici che ambientali.

Teplizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato anti-CD3, che riconosce parte del complesso CD3 presente sui linfociti T coinvolti nella risposta immunitaria nei soggetti con T1D.

Così facendo, queste cellule immunitarie vengono “disattivate” al fine di evitare che possano aggredire erroneamente le cellule pancreatiche responsabili della produzione di insulina, prevenendo dunque l’avanzamento del diabete di tipo 1 dallo stadio 2 allo stadio 3. Allo stesso tempo il trattamento è risultato in grado di aumentare la proporzione di cellule che aiutano a moderare la risposta immunitaria.

I dati raccolti dagli studi clinici hanno mostrato che in un follow-up mediano a 51 mesi, il 45% dei pazienti trattati con teplizumab hanno ricevuto una diagnosi di T1D di stadio 3 contro il 72% dei pazienti trattati con il placebo. Si tratta dunque di un farmaco in grado di ritardare l’aggravarsi della patologia in modo significativo (fino a due anni) e che quindi può avere un forte impatto sulla vita del paziente.

Per alcuni pazienti con T1D questo trattamento consentirebbe non solo di ridurre in maniera significativa una serie di comorbidità e di complicazioni associate al diabete come quelle di natura cardiovascolare, renale e metabolica, ma anche di evitare le quotidiane misurazioni dei livelli di glucosio nel sangue e la somministrazione giornaliera di insulina.

Ma quali sono i numeri del diabete di tipo 1?

Purtroppo, l’incidenza di T1D è in continuo aumento nei paesi sviluppati. Nel 2021 nel mondo si contavano 8,4 milioni di individui con diabete di tipo 1, tra questi 1,5 milioni (18%) avevano meno di 20 anni, 5,4 milioni (64%) avevano tra i 20 e 59 anni mentre il 19% (1,6 milioni) avevano 60 anni o più. Generalmente il T1D insorge durante l’infanzia e l’adolescenza e comporta un aumento dei valori glicemici, che devono essere regolarmente monitorati durante la giornata, oltre alla necessità di un trattamento con l’insulina che ne assicura la sopravvivenza. La manifestazione clinica può essere più o meno drammatica e gli elevati valori glicemici associati a chetosi possono condurre anche ad emergenze metaboliche quali il coma chetoacidosico.

Si tratta dunque di una malattia con numeri e conseguenze importanti, contro la quale, da oggi, abbiamo a disposizione un’arma in più. Teplizumab al momento è stato approvato solo dall’FDA e quindi non è ancora disponibile in Europa. Rimarranno anche da valutare le problematiche relative al costo e all’accessibilità al farmaco. Tuttavia, si tratta di una grande svolta per il campo del diabete.

“L’approvazione di questo trattamento first-in-class aggiunge una nuova ed importante opzione terapeutica per alcuni pazienti a rischio”. Sono queste le parole di John Sharrets, direttore della Divisione Diabete, Disordini Lipidici e Obesità del Centro per la Valutazione e la Ricerca sui Farmaci dell'FDA. Ha ulteriormente commentato: “Questo farmaco ha il potenziale di ritardare la diagnosi clinica del diabete di tipo 1, concedendo ai pazienti mesi o anni senza il peso della malattia.”

Il CEO di JDRF, Aaron Kowalski, ha inoltre affermato: “La decisione dell’FDA ha fatto un dono alle persone a rischio di sviluppare il diabete di tipo 1, il dono del tempo”.




Referenze:

- https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/fda-approves-first-drug-can-delay-onset-type-1-diabetes Ultimo accesso 25 novembre 2022.
- https://www.jdrf.org/press-releases/jdrf-celebrates-tzield-teplizumab-mzwv-approval/ Ultimo accesso 25 novembre 2022.
- Gregory GA, Robinson TIG, et al. Global incidence, prevalence, and mortality of type 1 diabetes in 2021 with projection to 2040: a modelling study. Lancet Diabetes Endocrinol. 2022 Oct;10(10):741-760

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