Article 6 giugno 2022

Cellule staminali in terapia genica: l’addio alla chemioterapia

Un nuovo protocollo terapeutico è stato messo a punto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele di Milano, grazie al finanziamento della Fondazione Telethon. Trattare i pazienti ematologici con cellule staminali in terapia genica, senza dover necessariamente ricorrere alla chemio o radioterapia, quale elemento imprescindibile per garantire l’efficacia del trattamento, ha rappresentato da anni l’obiettivo di molte ricerche sperimentali. Questo recente studio apre la strada ad una nuova concreta possibilità futura

La terapia genica e le cellule staminali rappresentano il paradigma nel concetto di “cura”: insieme costituiscono la medicina del futuro.
Queste tecniche avanzate trovano impiego, soprattutto, nei tumori liquidi: mobilizzazione delle cellule e “correzione” delle cellule malate rappresentano i punti chiave alla base di queste due terapie combinate tra loro per la cura di neoplasie ematologiche.

La procedura da adottare per il trattamento di un paziente ematologico, secondo questa “metodologia”, è la seguente. È prevista una prima fase, in cui il paziente viene sottoposto ad un regime farmacologico, che favorisce la mobilizzazione di cellule staminali dalla nicchia del midollo osseo alla circolazione sanguigna. Nella seconda fase, si procede al prelievo di sangue dal paziente e si isolano e purificano le cellule staminali, che in laboratorio vengono corrette geneticamente con vettori lentivirali (così detti perché derivano da virus del genere Lentivirus) per il trasferimento genico, o mediante procedure di editing con CRISPR (una tecnica molto avanzata di “taglia e cuci” del DNA, che consente una manipolazione molto sofisticata del genoma). Infine, nella terza e ultima fase, le cellule così geneticamente modificate vengono re-infuse nel paziente.

In questo protocollo terapeutico, però, c’è una grossa limitazione per la sicurezza del paziente: per consentire l’attecchimento delle cellule staminali ritrapiantate nel midollo osseo, il paziente deve essere sottoposto a trattamento con farmaci chemioterapici o a radioterapia, per andare ad eliminare le cellule staminali mutate rimaste nella nicchia e fare, così, spazio alle cellule “corrette”. Questi protocolli, chiamati di “condizionamento”, però, si ripercuotono, in termini di tossicità, sulla salute dei pazienti (danni alle mucose, alto rischio di infezioni, danni agli organi, sterilità…) e, quindi, vengono applicati soltanto in quelli che possono riceverli e che siano affetti da una forma grave di malattia.

Superare questa barriera rappresenta da anni l’obiettivo di molte ricerche sperimentali ed un recente studio condotto all’Istituto San Raffaele di Milano, finanziato dalla Fondazione Telethon, sembra averlo quasi raggiunto.
Mettere in competizione tra loro le cellule corrette con quelle residenti e ancora malate, svantaggiando queste ultime, è proprio l’idea alla base di questo nuovo protocollo terapeutico. I ricercatori hanno trovato l’escamotage per far sì che questo possa avvenire, senza dover ricorrere necessariamente all’utilizzo della chemio o della radioterapia. Sfruttare a pieno il trattamento della mobilizzazione ed avvalersi della tecnologia a RNA messaggero sono state le chiavi di volta e di successo di questo nuovo studio sperimentale.
Come si sa, il trattamento di mobilizzazione va ad attaccare le proteine di superficie delle cellule staminali del sangue, di cui esse si servono per potersi ancorare alla nicchia del midollo. Gli scienziati hanno scoperto, però, che è possibile ricostituire, in laboratorio, queste “proteine-àncora” durante la fase di coltura. Inoltre, i ricercatori hanno constatato che l’implementazione della tecnologia a RNA messaggero potenzia ulteriormente il vantaggio di poterle ricostituire, poiché ne favorisce un’espressione superiore a quella fisiologica (seppur temporanea) sulle cellule staminali “corrette” re-infuse. Dunque, queste cellule, se re-infuse al picco di un trattamento di mobilizzazione, godono di un certo vantaggio nell’occupare la nicchia rispetto a quelle appena esposte al trattamento.

Il gruppo di ricerca ha sperimentato questo nuovo protocollo di trapianto accoppiato a mobilizzazione in modelli animali con cellule staminali umane.
Se verranno replicati gli stessi risultati nell’uomo, il nuovo approccio terapeutico potrà consentire la rimozione completa dei farmaci chemioterapici o della radioterapia nei pazienti sottoposti a questo tipo di trattamento. Ciò consentirà di allargare il numero di pazienti, ma anche di ampliare le potenziali applicazioni cliniche in terapia genica.

Commenti


Ennio PIZZUTI 06.07.2022

L’articolo è estremamente interessante…veramente nel leggere le poche righe ho colto per la prima volta,(da quando seguo e mi interesso di tecniche e metodiche innovative in Medicina) la sensazione di essermi imbattuto in qualcosa di realmente importante…la descrizione e l’idea di base mi sembra molto confortante,ovviamente parliamo di un concetto in fase embrionale,però da quello che l’articolo recita..si intravede una “luce” nel Tunnel delle malattie ematologiche di genesi Oncologica…penso soprattutto all’applicazione in forme ancora piuttosto aggressive e difficilmente aggredibili dai vari Protocolli terapeutici proposti…penso su tutti al Mieloma Multiplo ..che purtroppo a tutt’oggi miete molte vittime…senza parlare di tutte le altre forme Neoplastiche ematologiche ..mi chiedo,se questa metodica sarà applicabile a tutti…e per tutte le forme….certo sarebbe una grandissima conquista …un cordiale Saluto,dr Ennio PIZZUTI

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