Giovanni Falcicchio
Policlinico di Bari, Ospedale Giovanni XXIII Bari
In questa attenta disamina, il Dott. Giovanni Falcicchio del Policlinico di Bari affronta la tematica della diagnosi differenziale tra sincopi e crisi epilettiche, in seguito a perdita di coscienza transitoria (PdC). Saper riconoscere il caso specifico consente di attuare nell’immediato il trattamento più appropriato per il paziente e di ridurre il rischio di mortalità/morbidità a causa di una diagnosi errata (“misdiagnosi”). Categorizzare l’evento è fondamentale per mettere in atto le più opportune scelte diagnostico-terapeutiche, cercando di evitare la recidiva dell’episodio
Introduzione
La perdita di coscienza transitoria (PdC) può essere definita come un’interruzione di breve durata dello stato di coscienza, spontanea e non legata ad un trauma cranico, con completa ripresa al termine.1 Circa il 50% della popolazione generale presenterà nel corso della vita un episodio di perdita di coscienza.2 Infatti, la PdC rappresenta una delle più frequenti emergenze neurologiche3, responsabile del 3% degli accessi in Pronto Soccorso e dell’1% dei ricoveri in ambito ospedaliero2. In oltre il 90% dei casi, la PdC è riconducibile ad una delle seguenti tre condizioni patologiche: sincope, crisi epilettica, crisi psicogena non-epilettica (pshycogenic non-epileptic seizure, ovvero PNES).4 La diagnosi differenziale tra queste 3 entità nosologiche acquisisce un ruolo fondamentale nell’outcome del paziente, in quanto determina la modalità di trattamento da attuare nell’immediato e incide, in caso di errore, sul rischio di mortalità/morbidità del paziente, che differisce a seconda di quale sia stata la causa della PdC.5 Quanto sia complesso il percorso diagnostico differenziale è sottolineato dall’ elevata percentuale di “misdiagnosi”, che ammonta al 20-30% circa nei pazienti adulti.5
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