Article 24 gennaio 2022

The Hidden Cells: le cellule coperte dal “mantello dell’invisibilità”

Per sfuggire al sistema immunitario le cellule tumorali indossano un “mantello dell’invisibilità” composto da zuccheri. I recenti risultati di uno studio del San Raffaele di Milano pubblicato su Science Translational Medicine condotto da Beatrice Greco e coordinato da Monica Casucci apre nuove prospettive per le terapie CAR T

Avreste mai pensato che alcune cellule tumorali siano capaci di nascondersi ed evadere il sistema immunitario del nostro organismo come se indossassero il “mantello dell’invisibilità”?
È proprio questa la sorprendente scoperta rivelata da uno studio del San Raffaele di Milano condotto da Beatrice Greco e coordinato da Monica Casucci, pubblicato su Science Translational Medicine.

L’intuizione è nata dall’osservazione che le cellule CAR-T (Chimeric Antigen Receptor Cell-T, recettore chimerico di antigene) sono incapaci di aggredire in maniera efficace alcuni tumori solidi. A rendere inefficiente il meccanismo di attacco, infatti, è un escamotage messo in atto dalle cellule tumorali, grazie ad un processo di glicosilazione delle proteine di superficie. Ciò è stato confermato da un test utilizzato per inibire tale meccanismo di resistenza, in cui si è andati a rimuovere il gene che codifica per un enzima coinvolto nella sintesi degli zuccheri (MGAT5) delle cellule tumorali e si è andati a trattare i modelli murini di malattia con l’analogo del glucosio/mannosio 2-deossi-D-glucosio (2DG). Quest’ultimo usato nella glicosilazione consente di ottenere catene di zuccheri molto più corte. Dall’annullamento o dall’indebolimento del “mantello” zuccherino, quindi, si è osservata la soppressione dell’espressione genica dell’N-glicano sulla superficie di cellule dell’adenocarcinoma pancreatico. Ciò conferisce alle cellule CAR T la capacità di riconoscere i recettori sulle cellule tumorali da sopprimere e, di conseguenza, sono in grado agire.

La glicosilazione alterata, quindi, è una caratteristica distintiva della trasformazione neoplastica maligna, che può essere sfruttata come biomarcatore predittivo per lo screening di pazienti che, a causa della presenza di N-glicani di superficie, potrebbero resistere al trattamento con cellule CAR T e potrebbero trarre vantaggio, invece, da terapie a base di deglicosilazione abbinate a quelle CAR T.

Inoltre, è stato visto che l’inibizione della sintesi dell’N-glicano migliora l’attività delle cellule T CAR, non solo nel tumore del pancreas, ma anche in altri tumori, come quelli del polmone, dell’ovaio e della vescica.

Dal momento che il “mantello” di N-glicano lo si può ritrovare in diversi tipi di carcinomi, a seconda della specificità, si potrebbe pensare a differenziate terapie farmacologiche mirate che portino ai risultati sperati.

Il test a base di 2DG è stato già eseguito negli esseri umani e mostra un buon profilo di sicurezza, oltre che di efficacia. Pertanto, promette bene l’avvio di sperimentazioni cliniche con 2DG in associazione alle CAR T nel trattamento dei tumori solidi.

Lo studio, quindi, ha dimostrato che gli N-glicani rappresentano “l’illusione” con cui le cellule dei tumori solidi riescono a sfuggire all’attacco da parte delle cellule CAR T. L’indebolimento del “mantello zuccherino” consentirebbe, infatti, il potenziamento dell’attività antitumorale dei linfociti CAR T, ma è stato anche constatato un miglioramento del controllo della malattia nel breve e nel lungo termine.

La rivelazione del meccanismo di resistenza messo in atto dai tumori solidi alle suddette cellule del sistema immunitario ha messo in luce la necessità di approfondire la comprensione di tutti i possibili determinanti. Certamente queste nuove tecniche di sabotaggio dei meccanismi di elusione da parte dei tumori solidi aprono la strada a nuove opportunità terapeutiche nell’ambito dell’immunoterapia.

Commenti


Empty

Lascia un commento: