Article 11 febbraio 2022

L’mRNA per aggiustare un cuore

Un approccio innovativo per trattare la fibrosi cardiaca, e potenzialmente anche molte altre patologie, è stato utilizzato da un gruppo di scienziati della Pennsylvania e pubblicato su Science. L’idea è stata di programmare in vivo le cellule CAR-T del topo, attraverso l’utilizzo della tecnologia a mRNA inserita in particelle lipidiche. Questa riprogrammazione temporanea è riuscita a produrre miglioramenti nelle condizioni cardiache nei topi trattati a seguito di induzione di alta pressione, rispetto al controllo. La potenzialità di questa tecnologia e il possibile sviluppo nell’uomo saranno oggetti di studi futuri

Una delle ragioni della meraviglia della scienza è la capacità di creare innovazione, spostando le frontiere della medicina un po’ più in là. In questo periodo pandemico il potenziale delle terapie a RNA messaggero (mRNA) si è iniziato a svelare, creando un punto di partenza per lo sviluppo di nuove tecnologie.

In particolare, un gruppo di scienziati ha pensato di utilizzare l’mRNA per programmare temporaneamente cellule in vivo, nello specifico per la creazione di linfociti potenziati. Questa terapia sperimentale mira a trattare la fibrosi cardiaca, patologia caratterizzata dalla formazione di tessuto connettivo-fibroso a livello del miocardio che lo irrigidisce e può avere esito fatale. Ad oggi la terapia di ultima generazione prevede l’utilizzo di cellule CAR-T (chimeric antigen receptor T, recettore chimerico di antigene T), ovvero prelevare cellule T dal sangue del paziente, potenziarle modificandole geneticamente per far esprimere sulla loro superficie il recettore CAR per incrementarne l’azione, e trattare il paziente con esse. Questa medicina personalizzata ha avuto ottimi riscontri applicativi, tuttavia ha come limite la necessità di rimuovere delle cellule dal corpo del paziente. Perché dunque non modificarle direttamente nel paziente? Questa idea innovativa pubblicata su Science lo scorso 6 gennaio sembra aver dato risultati promettenti.

Il gruppo di ricerca ha fatto esprimere con successo nelle cellule T un antigene chimerico (CAR) che ha come target la proteina attivante i fibroblasti (FAP), un antigene presente sulla superficie dei fibroblasti attivati. La riprogrammazione è avvenuta mediante l’utilizzo di mRNA incapsulato in nanoparticelle lipidiche dotate di anticorpi anti-CD5 che gli permettono di traghettare il codice di riprogrammazione (mRNA) nella destinazione voluta, in quanto le cellule T riconoscono questi anticorpi e assorbono il contenuto delle nanopaticelle, creando cellule FAPCAR. Viene dunque sfruttato il normale funzionamento delle cellule T per riprogrammarle, temporaneamente. Questa parola chiave offre il secondo grande vantaggio dello studio del gruppo della Pennsylvania, in quanto la permanenza di cellule CAR-T modificate potrebbe creare problemi in caso di lesioni future. È stato visto infatti che dopo circa 24-48 ore dall’iniezione di nanoparticelle lipidiche nei topi restavano solo tra il 15 e il 22% di cellule FAPCAR. Nonostante la breve durata della riprogrammazione, i risultati sono stati molto promettenti. Topi trattati con l’mRNA a seguito di infusione con angiotensina II e fenilefrina per indurre la pressione alta avevano ridotta fibrosi e migliori funzioni cardiache rispetto al gruppo di controllo non trattato.

Se l’approccio sugli esseri umani non è ancora stato oggetto di investigazione, i promettenti risultati sui topi e soprattutto l’innovazione tecnologica nel combinare due tecnologie d’avanguardia aprirà nuovi scenari per trattare un’ampia gamma di patologie. Sostanzialmente, ci troviamo davanti all’orizzonte di un nuovo filone di ricerca e, potenzialmente, a una svolta nell’approccio terapico per molte malattie.

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