Article 30 agosto 2022

Osteoporosi, una condizione sottovalutata negli uomini

L’osteoporosi è una malattia associata all’invecchiamento e tipicamente “al femminile”: essa, infatti, colpisce prevalentemente le donne che gli uomini. Nonostante ciò, questa condizione non è da sottovalutare nel genere maschile, in quanto diversi studi hanno dimostrato come le fratture negli uomini siano correlate ad un maggior rischio di morbidità e mortalità, rispetto alle donne. È importante, dunque, eseguire una corretta diagnosi della malattia ed intervenire con la strategia terapeutica più appropriata, a seconda del tipo di paziente

L’osteoporosi è una condizione medica che colpisce l’apparato scheletrico, caratterizzata da una bassa densità minerale e dal deterioramento della struttura ossea, con conseguente aumento del rischio di frattura per traumi anche minimi.

In Italia, ne è affetto il 23% delle donne oltre i 40 anni ed il 14% degli uomini con più di 60 anni, e questi numeri sono in continua crescita.
Purtroppo, però, è una malattia ancora troppo sottovalutata, sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico.
Molti studi hanno rivelato che le persone ad alto rischio di frattura non ricevono un trattamento adeguato, soprattutto gli uomini, essendo la malattia sottostimata in questa categoria, poiché più comunemente considerata tipica del sesso femminile.

Negli uomini, infatti, l’osteoporosi è ampiamente sottodiagnosticata e ciò rappresenta un grande problema, dal momento che essi vanno più frequentemente incontro a fratture (fino al 40%), nonostante le donne abbiano una prevalenza significativamente maggiore della malattia. In più, sempre negli uomini, le fratture dell’anca sono associate ad un più alto rischio di morbidità e mortalità, rispetto alle donne. È anche importante sottolineare che, dal momento che le fratture negli uomini si verificano dieci anni più tardi che nella controparte, la loro mortalità è di circa il doppio, in quanto possono andare più facilmente incontro a comorbidità.
È fondamentale, quindi, sottoporre i pazienti ad un’attenta analisi della loro storia clinica e a meticolosi test di screening, che possano facilitare la diagnosi della malattia. Attualmente, le terapie farmacologiche per il trattamento dell’osteoporosi maschile comprendono gli aminobisfosfonati, denosumab e teriparatide.

Gli aminobisfosfonati si sono dimostrati in grado di aumentare la densità minerale ossea e di ridurre i biomarker di turnover osseo (indicatori biochimici che misurano il processo fisiologico di formazione e riassorbimento della massa ossea direttamente dal siero) nell’uomo con osteoporosi. In linea di massima, questi farmaci, sia nella formulazione orale che endovenosa, hanno dimostrato una buona tollerabilità negli uomini con osteoporosi, con eventi avversi simili e non particolarmente gravi.

Denosumab è un anticorpo monoclonale utilizzato per trattare l’osteoporosi ed è un farmaco anti-riassorbitivo ben documentato in letteratura, che agisce con un meccanismo d’azione innovativo e diverso rispetto agli aminobisfosfonati. Questo farmaco è indicato negli uomini con osteoporosi, soprattutto per ridurre il rischio di fratture; tuttavia, il trattamento a lungo termine è, spesso, associato a osteonecrosi della mascella (patologia orale che causa l’esposizione dell’osso mandibolare o mascellare) e a fratture femorali atipiche.
L’unico farmaco anabolico approvato in tutto il mondo per il trattamento dell’osteoporosi nell’uomo è la teriparatide, che ha dimostrato la sua efficacia in diversi trial clinici. Sebbene le evidenze scientifiche suggeriscano gli aminobisfosfonati e il denosumab come trattamento di prima linea negli uomini con osteoporosi, almeno da un punto di vista teorico, la teriparatide rappresenterebbe un approccio più logico negli uomini con osteoporosi idiopatica e basso turnover osseo. La teriparatide, infatti, essendo un peptide ricombinante contenente i primi 34 amminoacidi, che rappresentano la sequenza biologicamente attiva dell’ormone paratiroideo umano, stimola l’osteogenesi (ossia, il processo di formazione di tessuto osseo) con un’azione diretta sugli osteoblasti (cellule deputate alla produzione di tessuto osseo) e aumenta l’assorbimento di calcio, sia a livello intestinale che renale.

Nei pazienti con ipogonadismo (condizione caratterizzata da una scarsa funzionalità del testicolo), che è una delle principali cause di osteoporosi secondaria negli uomini, può essere considerata la terapia sostitutiva del testosterone. Quest’ultima ha dimostrato di aumentare la densità minerale ossea, ma non esistono dati a sufficienza che valutino l’effetto sul rischio frattura. È importante considerare che anche i farmaci anti-riassorbitivi e gli agenti anabolici hanno dimostrato di prevenire una riduzione della densità minerale ossea nei pazienti ipogonadici. Dunque, si può decidere di intervenire con la somministrazione di questi farmaci nei pazienti ipogonadici ad alto rischio di frattura, che siano stati già trattati con la terapia sostitutiva del testosterone e che non presentino controindicazioni per questi farmaci alternativi approvati.

In conclusione, nonostante l’osteoporosi sia una malattia che colpisce prevalentemente le donne, dal momento che negli uomini le fratture sono correlate ad un maggior rischio di morbidità e mortalità, è di massima importanza clinica non trascurare questa condizione anche in questa categoria di pazienti.

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