Article 28 marzo 2022

PD-L1: la molecola che spegne l’infiammazione del tessuto adiposo

Obesità e potenziamento della risposta dei linfociti T helper 1: qual è la correlazione? Un recente studio, pubblicato su Science Translational Medicine, ha svelato il ruolo svolto dalla molecola PD-L1 nell’infiammazione del tessuto adiposo, dimostrando la sua fondamentale importanza nella regolazione dei linfociti T

L’obesità è una condizione medica grave che, ad oggi, rappresenta un problema sanitario da non sottovalutare nel mondo industrializzato. Sono 800 milioni le persone obese nel mondo (di cui 6 milioni in Italia), vale a dire il 10% della popolazione globale. Negli ultimi trent’anni, l’obesità è aumentata del 60% e, se si guarda all’impatto della pandemia da Covid-19 sullo stile di vita delle persone, lo scenario che si profila non è purtroppo promettente, soprattutto in termini di comorbidità.

In letteratura, vi sono diverse evidenze scientifiche che mostrano come alla base dell’obesità vi sia un’importante disregolazione del sistema immunitario. Ciononostante, ancora non sono chiari i meccanismi che vanno a determinare nel tessuto adiposo uno shift a favore delle cellule pro-infiammatorie − come le T helper 1 (Th1) e le T helper 17 (Th17) −, la cui attività diviene sempre più importante con la progressione di questa condizione.

Diversi studi, inoltre, hanno mostrato che le cellule dendritiche (DC) e le cellule linfoidi innate del gruppo 2 (ILC2) sono fondamentali nella regolazione dell’omeostasi del tessuto adiposo. Esse, infatti, vanno a modulare la risposta da parte dei linfociti T, come i Th1 e i Th17.

Ad oggi, non è chiaro come le risposte dei linfociti T nel tessuto adiposo di un soggetto obeso siano controllate. Ciò che è noto, invece, è che la molecola PD-L1 (ligando di morte cellulare programmata), presente sulle cellule dendritiche, sui macrofagi, sulle cellule T e sulle cellule ILC2, è un potente regolatore della risposta dei linfociti T. Inoltre, è stato dimostrato che l’espressione di PD-L1 sulle cellule dendritiche è un fattore importante d’inibizione pro-infiammatoria, in quanto inversamente correlato all’espressione di Th1 e Th17, nonché dei linfociti T citotossici durante le risposte autoimmuni e antitumorali.

Per questo motivo, un gruppo di ricercatori guidati da Christian Schwartz dell’Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga, ipotizzando l’importanza del ruolo svolto da PD-L1 nel ripristino dell’omeostasi del tessuto adiposo, è andato a studiare la funzione cellula-specifica di PD-L1 in topi transgenici, caratterizzati da obesità indotta dalla dieta, ed in campioni di pazienti obesi.

Avvalendosi di tecniche di knockout per l’eliminazione del gene PD-L1 in topi sottoposti ad una dieta ricca di grassi e servendosi di tecniche di chirurgia mininvasiva per ottenere campioni umani di grasso viscerale e sottocutaneo da soggetti reclutati per lo studio per analizzare la presenza o meno della molecola PD-L1, gli scienziati di questo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, hanno dimostrato il ruolo chiave della molecola PD-L1 nel mantenimento dell’omeostasi del tessuto adiposo.

Sia nell’uomo che nel topo, infatti, è stato riscontrato che sulle cellule dendritiche del tessuto adiposo vi è un’elevata espressione del ligando PD-L1.

Nel topo si è osservato, inoltre, che una ridotta espressione di PD-L1 sulle cellule dendritiche determina un aumento di peso, altera la funzione metabolica e potenzia la risposta da parte delle cellule Th1.

Lo studio, dunque, ha consentito di decifrare la funzione specifica del ligando PD-L1 durante l’obesità. L’espressione di PD-L1 sulle cellule dendritiche si è dimostrata un importante fattore di inibizione delle cellule pro-infiammatorie Th1 e Th17. Al contrario, delezioni di PD-L1 sulle stesse cellule scatena l’attivazione della risposta delle cellule Th1 nella progressione dell’obesità. In conclusione, quindi, si può affermare che PDL1 espresso sulle cellule dendritiche mantiene l’omeostasi del tessuto adiposo e contrasta l’infiammazione.

Questa scoperta si rivela un risultato molto rilevante dal punto di vista clinico per quanto riguarda gli effetti avversi immuno-correlati durante una terapia a base di inibitori del check-point immunitario e potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti farmacologici in grado di non interferire con l’omeostasi del tessuto adiposo e, dunque, che non vadano a determinare effetti collaterali legati all’aumento di peso in soggetti sottoposti alla terapia.

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Simonetto Diva 03.31.2022

Di interesse ...!!!

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