Article 23 aprile 2024

Spese legali e polizza assicurativa di RCT dei medici: chi paga il legale scelto dal sanitario?

Cristina Lombardo

Avvocato - Milano

La questione del rimborso delle spese legali in caso di scelta di un legale di fiducia da parte dell'assicurato è controversa. Un recente orientamento giurisprudenziale ha ritenuto nulla la clausola che nega il rimborso se l'assicurato sceglie un proprio legale, contrapponendosi a un precedente indirizzo che validava tale clausola

Una delle questioni più controverse nell’ambito delle polizze di RC professionale dei sanitari è l’individuazione del soggetto tenuto a sostenere le spese legali nel caso in cui, per farsi difendere nel giudizio attivato nei suoi confronti dal terzo danneggiato, il medico-assicurato decida di nominare un proprio legale di fiducia, anziché affidarsi al legale offertogli ex contractu dalla compagnia.

Sebbene infatti, nell’ambito della disciplina delle polizze di responsabilità civile, l’art. 1917 c. 3 c.c. disponga che «Le spese sostenute dall’assicurato per resistere all’azione del danneggiato gravano l’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata» e sebbene tale norma risulti inderogabile, ai sensi dell’art. 1932, primo comma, c.c., ossia non modificabile, se non in senso più favorevole all’assicurato, nella quasi totalità dei testi delle polizze di RC dei medici è previsto l’inserimento di una specifica clausola che esclude espressamente il rimborso da parte della compagnia assicurativa delle spese di resistenza, qualora l’assicurato scelga il proprio legale.

Questa circostanza, molto spesso, ha condotto a conflitti portati avanti anche in sede giudiziale, tra compagnia ed assicurato, in considerazione altresì del contrasto giurisprudenziale che, sul punto, negli anni si è venuto a creare. Un primo orientamento confermato, da ultimo, dall’ordinanza della Cassazione n. 4202/2020, sembrava infatti aver definitivamente decretato la validità di tale clausola, a condizione che nel contratto di assicurazione fosse presente anche il c.d. di patto di gestione della lite, ossia l’impegno della compagnia di gestire la vertenza in favore dell’assicurato, anche nella fase giudiziaria, con un proprio legale fiduciario.

Secondo questo indirizzo, il patto di gestione della lite, quale negozio atipico, accessorio al contratto di assicurazione, rappresenterebbe uno strumento lecito di adempimento sostitutivo dell’obbligo imposto dall’art. 1917, comma 3, c.c., in quanto permetterebbe, di fatto, di rispettare la ratio della norma, ossia di tenere indenne l’assicurato dalle spese di resistenza in giudizio (cfr. Cass. 14107/2019), a condizione che venga fornita la prova della volontà dell’assicurato di non avvalersi della difesa offerta dalla compagnia tramite il patto di gestione della lite. A mente della citata giurisprudenza, tale scelta, seppur legittima, renderebbe infatti inoperante il diritto dell’assicurato al rimborso di cui all’art. 1917 c. 3 c.c., giustificando, per l’effetto, il relativo diniego da parte della compagnia, anche qualora tale scelta risulti esplicitata per facta concludentia, ossia attraverso la scelta attuata, in concreto, dall’assicurato di nominare un proprio legale di fiducia.

Tale orientamento avrebbe quindi riconosciuto la legittimità della clausola contrattuale che esclude il rimborso delle spese legali, ritenendo a tal fine rispettato il sinallagma contrattuale, nel caso in cui il medico-assicurato decida di non avvalersi del patto di gestione della lite.
Come detto, però, a questo orientamento, si è di recente contrapposto un orientamento contrario che, prendendo le mosse da una pronuncia della Corte di Cassazione (Cass., sez. 3, sent. n. 21220 del 5 luglio 2022), sembrerebbe aver superato il precedente indirizzo giurisprudenziale, essendo stato confermato anche dalle corti di merito (ex multis, Trib. Milano, sent. del 19/01/2023 n. 352).
In questo secondo caso, i giudici hanno infatti ritenuto addirittura nulla, ai sensi dell’art. 1932 c.c., la clausola contenuta nei contratti di assicurazione della responsabilità civile che neghi il diritto dell’assicurato alla rifusione delle spese di causa sostenute per legali o tecnici non designati dall’assicuratore e quindi designati dall’assicurato; una siffatta clausola derogherebbe "in pejus" al disposto dell’art. 1917, comma 3, c.c..

Se, da un lato, questa soluzione sembra aver dato rilievo ad un aspetto tutt’altro che trascurabile quando si parla di diritto alla difesa, ossia al rapporto fiduciario di intuitus personae che dovrebbe caratterizzare ogni interazione tra professionista e assistito (e che, attraverso il legale scelto -rectius- “imposto” all’assicurato dalla compagnia, potrebbe non sempre essere garantito), dall’altro lato, sembra non aver tenuto conto dell’impatto in termini di sostenibilità, in ragione dell’aggravio economico che subirà il comparto assicurativo, circostanza questa che prospetticamente potrebbe condurre ad un innalzamento dei costi assicurativi proprio a carico dei sanitari.



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