Article 18 luglio 2022

Virus come nostri alleati nella cura dei tumori solidi

È stato di recente avviato uno studio clinico per valutare l’efficacia e sicurezza della terapia con il virus oncolitico CF33-hNIS in uomo. Questo virus è risultato efficace contro il tumore al colon-retto, oltre che contro altri tumori solidi, anche di tipo secondario. Il virus oncolitico utilizzato ha la capacità di riconoscere in modo specifico le cellule tumorali, distruggerle ed attivare il sistema immunitario ad agire contro il tumore stesso. Si tratta dunque di una terapia molto promettente e ci si augura che la sperimentazione possa portare i risultati sperati.

In questo lungo periodo di pandemia siamo stati abituati a pensare ai virus come a dei nemici invisibili da cui proteggersi. Effettivamente è così: questi agenti patogeni sono molto spesso causa di diverse malattie come epatiti, morbillo, varicella, AIDS, vaiolo e molte altre. Ma lo sapevate che esistono alcuni virus in grado di combattere i tumori? Sono i cosiddetti virus oncolitici, una tipologia di virus in grado di entrare nelle cellule tumorali e di conseguenza provocarne la lisi.
L’efficacia di questi virus è stato oggetto di diversi studi che hanno portato nel maggio 2022, ad iniziare una sperimentazione clinica in pazienti con tumori solidi. Ma che cosa è un virus oncolitico e perché questo studio ci dovrebbe interessare?

Un virus oncolitico è in grado di infettare in modo specifico le cellule tumorali ed ucciderle, lasciando inalterate le altre cellule.
Potenzialmente si tratta di un’arma potentissima contro i tumori, ma nonostante la metodologia non sia nuova, c’è sempre stata una certa diffidenza da parte della comunità scientifica, soprattutto per quanto riguarda la loro sicurezza.
Questa diffidenza è stata messa da parte di fronte a due evidenze. Una è la loro efficacia; infatti, sono stati approvati ed utilizzati con successo, ad esempio, contro alcuni tipi di melanoma. La seconda è da attribuire alla loro capacità di attivare una risposta immunitaria contro il tumore. Di fatto, facendo “esplodere” le cellule cancerogene, gli antigeni del tumore, oltre a quelli virali, vengono esposti e sono dunque resi più riconoscibili dal sistema immunitario. Quindi questi virus sono capaci di modificare le condizioni del microambiente attorno al tumore stesso, trasformando tumori “freddi”, ovvero poco riconoscibili dal nostro sistema immunitario, in tumori “caldi”. Come se non fosse abbastanza, questo virus ha un altro pregio, ovvero che è capace di funzionare come un vaccino. Dunque, nel caso in cui ricompaiano delle cellule che presentano lo stesso antigene, dunque tumorali, queste vengono prontamente riconosciute dal sistema immunitario ed eliminate di conseguenza.

Non c’è quindi da sorprendersi se, a seguito del successo dello studio preclinico, sia prontamente iniziata la sperimentazione nell’uomo. Ma capiamo meglio in cosa consiste la sperimentazione clinica con questo virus oncolitico.
La terapia si basa sull’utilizzo del virus anti-tumorale CF33-hNIS (Kim et al., 2021), creato dalla combinazione di nove diversi orthopoxvirus (genere che include il virus del vaiolo), al fine di aumentare la capacità di replicazione virale e dunque la capacità di uccidere efficacemente le cellule tumorali (rilasciando dunque un’elevata quantità di antigeni nel microambiente tumorale). CF33-hNIS è quindi un forte attivatore della risposta immunitaria, in particolare dei linfociti T CD8+, linfociti citotossici che hanno il ruolo di eliminare le cellule indesiderate. Inoltre, come accennato in precedenza, il trattamento con CF33-hNIS agisce come un vaccino, e quindi sviluppa anche linfociti T memoria, che si attivano ad una seconda esposizione dell’antigene, prevenendo la ricomparsa del tumore.
I risultati già promettenti di CF33-hNIS sono stati ulteriormente migliorati dal fatto che questa tipologia di virus può essere utilizzata in combinazione con altri tipi di immunoterapie, come l’inibizione di checkpoint immunitari e la terapia con le CAR-T.

Lo studio ha analizzato l’azione di questo virus sulle cellule del tumore al colon-retto, una tipologia di cancro ad ampia diffusione. Secondo i dati AIOM del 2019 il cancro al colon-retto è il secondo per incidenza in Italia, con 49000 nuovi casi in un anno, e prevalenza sopra i 50 anni. Escludendo i tumori della cute, nel maschio il cancro al colon retto è risultato terzo per incidenza (14%), dopo il cancro alla prostata (19%) ed il tumore al polmone (15%). Nella popolazione femminile si trova invece al secondo posto (12%), preceduto solo dal cancro al seno (30%). Questo tipo di tumore ha quindi un’incidenza rilevante, anche se, essendo oggetto di screening, il tasso di sopravvivenza è fortunatamente elevato. Tuttavia, non è raro per questi malati sviluppare metastasi, soprattutto a livello del fegato. Il trattamento con il virus oncolitico, grazie alle sue caratteristiche, attacca le cellule cancerogene indipendentemente dalla loro sede e quindi aiuta anche nel trattamento dei tumori secondari.

Nonostante i limiti della terapia con i virus oncolitici, quali ad esempio la possibile risposta antivirale dell’ospite e le possibili barriere di accesso al tumore stesso, oltre ad eventuali problemi di sicurezza, questa risulta molto promettente, soprattutto visti gli ulteriori risultati ottenuti con CF33-hNIS in fase preclinica. Gli stessi ricercatori hanno infatti dimostrato l’efficacia di CF33-hNIS anche contro linee cellulari di tumore al seno triplo negativo (Chaurasiya S et al., 2020) e contro altri tipi di linee tumorali. In conclusione, questa ricerca ha mostrato che l’infezione virale ad opera di CF33-hNIS attiva i linfociti T e, in combinazione con inibitori dei checkpoint immunitari (e.g. anti PD-L1: programmed cell death ligand 1), conferiscono una risposta duratura contro il tumore.

Quello appena avviato è uno studio open-label in cui viene valutata la sicurezza del nuovo virus anti-tumorale CF33-hNIS somministrato in monoterapia o in combinazione con pembrolizumab (anticorpo monoclonale che potenzia la risposta dei linfociti T bloccando il legame del recettore PD-1 con i suoi ligandi). Questo studio multicentrico di fase I ha iniziato l’arruolamento di pazienti e ci si aspetta si concluda nel giro di 24 mesi. Non ci resta che attendere dunque, nella speranza che la terapia mostri i risultati sperati anche nell’uomo, oltre che un buon profilo di sicurezza. Se dovesse funzionare, sarebbe una svolta storica nel trattamento dei tumori.




Bibliografia e sitografia:

- Rahman MM, McFadden G. Oncolytic Viruses: Newest Frontier for Cancer Immunotherapy. Cancers. 2021; 13(21):5452.
- Kim SI et al., Recombinant Orthopoxvirus Primes Colon Cancer for Checkpoint Inhibitor and Cross-Primes T Cells for Antitumor and Antiviral Immunity. Mol Cancer Ther.2021 Jan;20(1):173-182.
- Chaurasiya S et al., Oncolytic poxvirus CF33-hNIS-ΔF14.5 favorably modulates tumor immune microenvironment and works synergistically with anti-PD-L1 antibody in a triple-negative breast cancer model. Oncoimmunology. 2020 Feb 24;9(1):1729300.
- Khoja L et al., Pembrolizumab. J Immunother Cancer.2015 Aug 18;3:36. doi: 10.1186/s40425-015-0078-9. PMID: 26288737; PMCID: PMC4539882.
- https://www.cityofhope.org/city-hope-and-imugene-announce-first-patient-dosed-phase-1-trial-test-cancer-killing-oncolytic
- https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_3897_1_file.pdf

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